Ho scoperto che soffriva di narcisismo patologico

Raccontaci tua storia: quanti anni hai, dove vivi, quanti figli hai, com’è stata la tua relazione, quali erano le tue aspettative.

Ho quarant’anni. Vivo in provincia e sono originaria di queste zone da secoli, penso… Ho due figli maschi, uno di 11 anni e uno di 7, quindi attualmente uno è in quinta elementare e l’altro è in prima. La separazione di fatto – perché a livello legale non c’è ancora – è stata due anni fa, quando il mio ex marito (ormai sono passati anni, quindi ci reputiamo ex coniugi, comunque) se n’è andato via, dopo una lite devastante. In realtà la crisi è iniziata molto tempo prima, quando ci furono alcuni avvenimenti gravi nella mia vita, a partire da quello più grave, il decesso di mio papà. Per me era una figura molto importante, ma anche per il mio ex marito, perché diciamo che si occupava anche di lui. Mio padre era una figura molto presente nella nostra vita, perché siccome lavoravamo tutti e due per tutto il giorno era lui che, quando non riuscivamo a fare qualcosa con le tempistiche giuste, pensava a tutto, anche a mio marito. In seguito, con la nascita del mio secondo figlio, io ho iniziato ad andare in crisi, nel senso che non riuscivo più a gestire tutto quanto. In realtà, gestivo sempre io tutto già nel nostro fidanzamento, e ho continuato anche dopo, da sposata. Ci siamo sposati: ho sempre pensato a tutto io, perché io ho sempre fatto un lavoro come impiegata. Io lavoravo e lavoro tutt’ora come grafica, mentre il mio ex marito all’epoca lavorava in campo edile, e quindi lamentava che il suo lavoro fosse pesante e faticoso, mentre invece il mio come impiegata secondo lui era… Insomma, chi fa l’impiegata per lui in realtà non fa niente tutto il giorno. All’epoca io lavoravo anche la sera per le chiusure, facevo tanti straordinari; però per lui non erano motivo di fatica, ecco, è sempre stato così. Io non ho mai obbiettato. Il problema è che poi, dopo, quando è venuto a mancare mio padre – che comunque nel suo piccolo ci dava una grossa mano, dall’andare fisicamente in posta a portare la macchina a fare il tagliando – e poi con l’arrivo del secondo figlio, ovviamente io ero in difficoltà, più che per fare le cose, soprattutto a ricordarmi tutto. Capitava che io mi dimenticassi magari, non lo so, di dare i soldi a mio figlio per il lavoretto all’asilo, ad esempio, o che mi dimenticassi magari un altro impegno. Non riuscivo più a ricordarmi tutto, e dovevo stare dietro comunque anche alla gestione di due adulti, perché anche per cose come le scadenze della casa e il 730, lui non pensava assolutamente a niente. Io gli ho fatto presente questa cosa, ma non è stata per niente presa in considerazione. 

In seguito, sono successi altri fatti spiacevoli: mio figlio maggiore ha avuto una malattia rara, per cui è stato ricoverato. Ha dovuto fare delle cure molto pesanti, e mi sono ritrovata da sola; da sola perché nello stesso tempo mio marito era rimasto disoccupato, e nel rimanere disoccupato lui non si preoccupava minimamente di trovare un altro posto di lavoro. Mi diceva: “Lavoro da quando ho 16 anni, mi godo la disoccupazione, quando sta per finire ci penserò”. Ero preoccupata, perché dovevamo accedere a un mutuo con tutti gli obblighi finanziari; e poi insomma: vedere comunque un uomo che diceva “chissenefrega” con una famiglia a carico… Io ero molto preoccupata, anche perché il mondo del lavoro era cambiato, e per vari fattori anche il settore edile non era più quello che pensava lui. Non era sufficiente essere italiano per chiedere lavoro in quel settore e trovarlo in pochi giorni, soprattutto a una paga base decente. Perciò mi sono dovuta mettere io a fargli il curriculum, io a scrivere alle cooperative, io a stampargli il curriculum per andare in giro. E lui s’è trovato nella realtà senza nessuno che lo chiamasse: o meglio, lo chiamavano come muratore, con delle paghe ridicole, le classiche dei cantieri di adesso, da sfruttamento; dell’esperienza che aveva non poteva fregargliene di meno. Sicuramente lui è andato in crisi per questa cosa; io più volte gli ho chiesto di parlarne, e ogni volta diceva: “Ma sì, chissenefrega” e io andavo ancora di più in crisi. Dialogo non ce n’era. 

Quando si è ammalato il figlio, lui si è arrabbiato ancora di più: era ancora più arrabbiato, sia per la sua situazione, di cui non voleva parlare, sia per la malattia di mio figlio (che gli provocava dei cambiamenti di umore perché prendeva dei farmaci molto pesanti). Era un continuo prendersela con tutti, e non fare niente nel contempo, fino a quando gli ho trovato io un lavoro, finalmente; ma non ho ricevuto neanche un grazie, un “meno male”. È vero, non è un lavoro bellissimo, perché è custode in un cimitero, ma io gli avevo detto: “Almeno inizia, e poi dopo sei libero di cambiare; però, almeno, visto che la disoccupazione praticamente sta finendo, hai uno stipendio che ti permette di sopravvivere”. Quindi, da parte sua c’è stato ancora più astio nei miei confronti; insomma, le litigate erano all’ordine del giorno. Per me questa situazione era un fallimento, perché, quando mi sono sposata, io nel matrimonio ci credevo, credevo di riuscire a creare la famiglia del mulino bianco, magari anche con qualche problema; però la mia speranza era di avere un complice come marito, qualcuno che mi capiva, qualcuno che insomma c’era. Il problema però è stato che era tutto nella mia testa; intendo dire che questo era quello che volevo io, ma l’altra persona non era così, e con la scusa di dire sempre, negli anni “poverino il lavoro, poverino il lavoro” non mi accorgevo di come realmente fosse. Mio marito, adesso, è ancora come quando l’ho conosciuto, a vent’anni. Siamo completamente su due lunghezze d’onda diverse, cosa che a vent’anni non era importante, ma quando poi dopo si inizia a formare una famiglia, ad avere altre problematiche, ti accorgi che una persona è sulla lunghezza d’onda e l’altra è completamente dalla parte opposta.

Come ti sei trovata a gestire una relazione che non era quella che ti aspettavi? Come hai affrontato la crisi?

Noi eravamo in ballo con la casa, con altri problemi legali per una truffa che avevamo subito, e quindi era difficile, non dico a livello economico, da parte mia dire “chiudo”. L’ho affrontata all’inizio cercando di parlare tanto, ma non avevo un riscontro da parte sua. Dopodiché, ho provato con dei consulenti: avevo trovato degli incontri gratuiti e l’ho portato a parlare, a vedere se magari iniziando una terapia di coppia se ne usciva fuori, ma non è successo niente. Ho mollato il colpo anche lì, perché tanto non si ricavava assolutamente niente, anzi era ancora peggio. Il discorso è che noi avevamo ancora questa causa in ballo, per cui l’avvocato ci aveva consigliato di pensarci bene: con due figli, un matrimonio comunque lungo – non eravamo insieme da un annetto – per quello che avevamo in ballo in teoria avremmo dovuto prendere ancora un bel po’ di soldi, e con una separazione sarebbe diventato un problema. Quindi io mi sono trovata a non prendere nessuna decisione, cosa che non fa parte del mio carattere, e quindi cosa ho fatto? È inutile che dia colpa a determinate amiche, perché poi alla fine la scelta l’ho presa io. Diciamo che ho fatto una cosa che reputo la più stupida, la più da codardi anche. Io conoscevo da anni un uomo, che anche da ragazzina mi aveva chiesto più volte di uscire. A me all’epoca non piaceva assolutamente, quindi gli avevo detto di no: tra l’altro, a quei tempi avevo preferito mio marito a lui, perché erano coincise anche le due cose. Ho fatto la cosa più stupida: mi hanno detto “Cosa stai a cercarti rogne con una separazione, fatti l’amante, così hai risolto i problemi”. E io stupidamente l’ho fatto. Sono finita dalla padella nella brace. I primi periodi sono stati belli ma pesanti, perché stavo benissimo con questa persona, che tra l’altro sembrava Dio sceso in terra, il principe azzurro; avevo trovato un mio speculare perfetto, non potevo credere che quest’uomo, che conoscevo così da anni e avevo snobbato, fosse così perfetto, così meraviglioso su tutto. Era una relazione dove praticamente eravamo diventati più coniugi noi di quelli che avevamo a casa, perché eravamo perennemente insieme o perennemente al telefono, tutto il giorno, tutti i giorni. Per cui ci vedevamo più volte tutti i giorni: non eravamo soltanto amanti, ci aiutavamo proprio in tutto, totalmente. E diciamo che sicuramente questo non aiutava, perché invece di stare meglio io andavo sempre più in crisi, perché c’erano tante cose che mi pesavano: il fatto di nascondere il telefono, il fatto di dover cercare magari degli escamotages per uscire mezz’ora da sola alla domenica per vedermi con lui, e così via. Ero felice di aver trovato una persona così, però a livello morale questa situazione non faceva per me. Non ero la classica donna che stava bene con un amante, anzi stavo male in questa situazione. E sicuramente il mio ex marito se n’era accorto. La mia speranza stupida era che se lui se ne fosse accorto, così magari sarebbe stata la volta buona che avrebbe fatto qualcosa per recuperare, si sarebbe accorto che io non ero lo zombie che c’è in casa – perché oramai negli ultimi anni io ero così. Invece, mi faceva delle lamentele stupide: “Perché la domenica non fai la pasta fatta in casa come fa mia madre?”, robe del genere. E invece di migliorare, le cose peggioravano. Io speravo che gli venisse magari un po’ di senso di gelosia, e recuperasse il rapporto; invece no, è andata sempre peggio, perché comunque non è stupido. Le cose, quando sono così, si capiscono, e quindi l’aveva capito. Io, comunque, per motivi legali ho sempre dovuto negare, e lui si incarogniva ancora di più; e quindi anche la mia idea stupida, la mia remota speranza che lui riprendesse in mano la situazione e dicesse “Va bene, ok, mettiamoci qua a tavolino, parliamone, vediamo di risolvere il matrimonio” eccetera non si è mai realizzata. Fino a quando non c’è stata l’ennesima litigata. Stavamo facendo dei lavori in casa, e anche lì è stato un disastro, perché lui la ristrutturazione della casa l’ha presa sottogamba; per cui mi sono trovata a gestire io tutto, burocraticamente e anche fisicamente, cose tipo portare su piastrelle, portare su caloriferi eccetera. E questo ha aumentato ancora di più il mio malumore. Oltre tutto, ero istigata dall’altra persona, che mi diceva: “Vedi, vedi, io invece penso a te, io invece ti aiuto, io invece ci sono” … Tutto vero. Quindi, dopo l’ennesima litigata pesante davanti ai bambini – è stata veramente pesante – lui se n’è andato via di casa, ed è stato un disastro, perché lui l’ha presa male… Io ho avuto il coraggio di andare lo stesso dall’avvocato e fargli mandare la lettera chiedendo la separazione: è stato un disastro, perché lui ha reagito con violenza, con rabbia, ha minacciato di suicidarsi, tutto ovviamente davanti ai bambini, e quindi ho dovuto chiamare i carabinieri. Non ha voluto vedere i figli per due settimane, dicendo che gli avevo rovinato la vita e gli volevo portare via i figli. Nello stesso tempo, l’altra persona ha iniziato a staccarsi da me; e io non capivo perché. Morale della favola: mi sono beccata penso un esaurimento, perché ero arrivata a pesare pochissimo. Non ero messa bene, mangiavo ma non dormivo la notte, ero nervosa. Insomma, un disastro totale, perché avevo un matrimonio finito, e l’altra persona, che pensavo fosse contenta e dicesse “Va bene, adesso prendo in mano la situazione, così possiamo vivere insieme” invece si stava allontanando. Quindi sono andata nel caos totale. L’unica cosa buona è che con i figli ho saputo tenere le redini in mano: ho fatto intervenire subito uno psicologo scolastico, ho parlato subito con le maestre spiegando loro la situazione, ho cercato di tutelarli il più possibile, cercando di essere presente. Mi ero presa delle lunghe assenze per malattia, apposta per stare a casa io quando il padre non li voleva vedere. Infatti, l’unica cosa buona in tutto questo casino è che i bambini hanno avuto solo una settimana di crisi, in cui si comportavano in un modo strano a scuola, così mi hanno detto le maestre; ma per il resto invece no. Io ho sempre parlato con loro, li ho sempre tranquillizzati, ci sono sempre stata. 

Piano piano, la situazione con il padre è migliorata: ho avuto anche lì l’aiuto di un ex carabiniere, un maresciallo che conosceva bene entrambi, perché siamo cresciuti coi suoi figli. Mi ha detto lui come comportarmi per far ritornare mio marito con un po’ di cervello: ci ha parlato lui, perché mio marito ha sempre avuto stima di questa persona. E quindi, dopo si è ridimensionato, anche perché ha capito che comunque io non volevo portargli via i figli, anzi: volevo che lui fosse molto presente nella vita dei figli. Dopo cinque mesi, lui è ritornato, anche perché, avendo in corso questa causa, portare a termine la separazione legalmente è un po’ ostico; in più lui non voleva darmi il mantenimento. Io ci ho rinunciato, perché era inutile litigare, andare in giudiziale. Non ne voglio minimamente sapere, quindi siamo arrivati all’accordo. Siccome poi io adesso lavoro lontano, gestire i bambini era un problema a livello di orari, e quindi siamo arrivati all’accordo di una gestione paritaria. I bambini, più o meno, li teniamo gli stessi giorni. Lui non mi dà nulla, tranne la metà del mutuo della casa dove sono dentro io, ma non è una cifra alta, anche perché lui non ha affitto da pagare, siccome è tornato a vivere nella casa dei suoi genitori. Aveva questo appartamento, dove noi abbiamo vissuto tra l’altro per anni. Io non avevo portato via niente da lì, quindi lui è tornato a vivere in poche parole dove abbiamo sempre vissuto. In quell’appartamento non ha nessuna spesa; la metà di mutuo che mi deve dare è abbastanza bassa, e poi per il resto facciamo a metà per uno. Ho fatto una cartella Drive dove segno tutte le spese per i bambini: metà le pago io, metà le paga lui, così per tutto. Allora si è tranquillizzato, è ritornato ad essere un bravo papà – perché fondamentalmente lui è un bravo papà. Non è uno che capisce le malattie, non bisogna dargli cose da fare: se io gli dico “Guarda che c’è da pensare alla gita, da compilare il foglio”, oppure “Bisogna ricordarsi di dargli dei soldi, bisogna portarlo a far la visita”, lui inizia a dar fuori di matto. Se deve far qualcosa bisogna dargli un’incombenza alla settimana: ecco, allora lui la fa, con i suoi tempi. Se inizio già a dirgli: “guarda che questa settimana i bambini hanno da fare questo, questo e quest’altro” lui inizia a incavolarsi. Ormai l’ho capita; non l’ho accettata, ma è inutile che mi arrabbi e mi scorni. Anche per le sue incombenze, lui chiede sempre a me: “Puoi guardare, lo cerchi tu, lo fai tu?”. Mi pesa, ma siccome vedo poi i miei figli sereni lo faccio.

I bambini secondo te hanno delle difficoltà, che fanno fatica ad affrontare, oppure anche loro hanno un equilibrio soddisfacente? 

Loro sono serenissimi, tranquillissimi; hanno delle difficoltà a livello scolastico, perché uno ha una DSA lieve e l’altro è ancora dalla logopedista. Anche per quello mi sono impuntata io, da quando era piccolo, perché anche quella cosa lì il mio ex marito non la accettava. Mi sono impuntata: ero andata da un logopedista privato, perché secondo me il bambino aveva dei problemi. Non parlava, diceva solo “mamma” e basta. E infatti avevo ragione: adesso attualmente è ancora seguito dalla logopedista. Sicuramente avrà una DSA più accentuata: adesso che lo sto seguendo io mi sto confrontando con le maestre e la logopedista, e vedo che le difficoltà ci sono. Bisogna stargli dietro, però, ripeto, oramai la DSA è una cosa abbastanza comune. Bisogna dedicargli più tempo, quello sì; però anche su questo, se dico a mio marito “Guarda che bisogna fargli fare questi esercizi, bisogna fargli fare questo” lui si mette lì e li fa. Infatti, siccome il sabato io ho sempre i bambini (perché lui lavora) cerco di fargli fare i compiti la maggior parte delle volte, anche quando li ha lui la domenica, perché così passano la domenica più sereni con il loro papà. Diciamo che il ruolo della cattiva me la sto tenendo io; più che la cattiva, la rompiballe, ecco. Ripeto, ho cercato di cambiarlo quando eravamo sposati, ma non ha funzionato. Adesso, sicuramente, il fatto di non vivere più insieme fa in modo che io non mi innervosisca più; perché non mi sento più una frustrata, oppure martoriata perché non mi metto tutte le domeniche a fare le lasagne e 50.000 piatti, o perché non so fare la pasta fatta in casa. Non mi sento più una frustrata, e va bene così. Mi pesa, perché faccio fatica a star dietro a tutto, però mi pesa meno l’idea di vedere poi lui incazzato nero, che poi se la prenda con i bambini perché ha tre cose da fare insieme. 

Hai qualche consiglio particolare da dare, qualcosa che vuoi dire a chi si potrebbe trovare in un’esperienza come la tua?

L’unica cosa che ci tenevo a far risaltare è che poi, per quanto riguarda la relazione che avevo, la cosa è andata avanti ma non si è mai concretizzata; anzi, è finita malissimo (adesso dico grazie a Dio). È finita ad agosto, quando ho scoperto che questa persona soffriva di narcisismo patologico, maligno per di più, perché poi me ne ha combinate di tutti i colori. Volevo sottolineare questa cosa: in storie come la mia uno pensa di aver trovato il principe azzurro, mentre invece bisogna stare all’occhio che le cose perfette non esistono. Questa persona si è comportata al contrario di mio marito, che comunque non mi hai mai fatto del male. Mio marito non agiva con cattiveria nei miei confronti: il fatto è che lui arriva da una determinata cultura, per lui certe cose sono importanti, fondamentali, più di tutto il resto; però non è una persona malata, non è una persona cattiva, non è una persona che lo faceva per farmi del male. L’altro uomo invece sì. Dopo la fine della relazione con questa persona mi sono dovuta rivolgere ad uno psicologo, perché mi aveva massacrato totalmente dal punto di vista psicologico, e in seguito ho deciso di far parte attivamente di un’associazione che si occupa di violenze psicologiche. Questa è la cosa positiva che alla fine è scaturita da tutto questo, questo mi ha salvato, perché ho trovato la mia strada. Ora sono una persona serena, che ha capito cosa vuol dire assertività, che non pensa più che la sua empatia sia un fattore negativo, ma anzi sia un grosso pregio. Ho trovato veramente quello che probabilmente ho sempre voluto fare nella vita: rimettermi a studiare per cercare di cambiare lavoro, e fare dei lavori in cui riesco a sfruttare le mie doti e usare la mia parte umana, non donandola a qualcuno che la sfrutta per massacrarmi, ma per aiutare delle persone. Persone che magari si sono trovate in situazioni tipo la mia, e non conoscendo certe patologie, certe malattie, ne sono uscite ben più distrutte di me, perché poi magari si sono trovati con dei figli insieme al narcisista, un gran casino. E ho cercato di trasmettere queste cose ai miei figli. I miei figli non sapevano che io fossi insieme a questa persona: lo conoscevano da quando sono nati, però non gli ho mai detto che era il fidanzato di mamma; avevano contatti con lui per il lavoro che fa, ma saltuari. Dopo che è successo tutto questo ho raccontato loro tutto. A parte il fatto che io ho scoperto cosa mi stava facendo in una maniera abbastanza tragica… Però ho raccontato loro tutto quanto in un modo adatto a dei bambini, gli ho raccontato cosa era successo e ho cercato di fargli capire che comunque devono credere in loro stessi. Quello che sto cercando di fare con loro è insegnargli che credere in sé stessi non vuol dire essere superbi, o trasformarsi a loro volta in narcisisti per rendersi conto dei valori che hanno. Nel mio piccolo, grazie alle conoscenze che ho acquisito ora, non mi vergogno davanti agli altri di dire “sì, ho commesso un errore”; perché sicuramente non mi vanto di aver cercato di mettere una pezza al matrimonio agendo così, in un modo squallido, brutto, è una cosa che non rifarei mai più. Perché tradire? Comunque, anche se le cose vanno male bisogna avere il coraggio di dire basta, prima di far altro. Coraggio che in quel momento non ho avuto, per una serie di motivi che comunque non sono giustificabili.

C’è qualche altra esperienza che vuoi raccontarci?

Alcuni uomini con cui sono uscita (semplicemente a cena, senza niente di più) mi hanno criticato per la mia gestione dei figli. Io ho una gestione dei figli molto flessibile, diciamo che è variabile per le esigenze lavorative di entrambi. Mi è stato detto: se vuoi rifarti una vita non puoi avere questa gestione dei figli, devi averne una rigida; perché nessun uomo accetta di essere messo da parte. Io, a prescindere dalla cazzata che ho fatto, ho dei valori della famiglia molto radicati: magari non credo più al matrimonio legale, alla firma di un contratto, ma credo ancora nell’avere un impegno importante con un’altra persona; non so se sarà una cosa romantica, ma vorrei ancora sposarmi con un uomo. Non sono una di quelle donne che dice “Per l’amor di Dio, non ne voglio più sapere”. Malgrado quello che mi è successo, non penso che tutte le persone siano dei mostri psicopatici. Ripeto: ci spero ancora. Io però, anche su OP, sento di tante donne e uomini che pensano che la separazione sia bella: “Adesso mi faccio una seconda adolescenza”. Io dico: ragazzi, poi guardate negli occhi i vostri figli, non vi lamentate se hanno una marea di problemi o vi trattano male – questo a prescindere dalla fase dell’adolescenza, dove penso che ogni figlio poi abbia quegli anni in cui vede il proprio genitore come un demonio, come quello che gli impedisce di fare cose belle eccetera… Però quello che semini raccogli, io la vedo così. Quindi, un uomo o donna che pensa di trovare una seconda adolescenza e di chiedere all’altra persona di mettere da parte i figli o di voler entrare immediatamente nella parte dei figli, per me è un grande egoista. È un insicuro, o insicura, non faccio distinzione fra uomini e donne. Secondo me, volere per forza una persona in casa immediatamente, e magari imporla anche ai figli, non lo vedo come un atto di amore, ma come un atto di bisogno, come un atto non rispettoso davanti ai figli (che non hanno scelto di essere messi al mondo, perché lo abbiamo scelto noi genitori). E in più, se una persona mi dice “Tu i tuoi figli li devi gestire così, perché mi devi dedicare del tempo”, io rispondo: il tempo te lo dedico anche se devo gestirli. Quindi, se i miei figli in una certa giornata mi dicono “Mamma, ho cambiato idea, non ho voglia di rimanere da papà a dormire”, per qualsiasi motivo, e io torno a casa, se ho una persona di fianco, all’inizio, quando non si è sicuri di una relazione, e questa persona non capisce e si incazza perché i miei figli un giorno che dovevano stare con il padre vogliono tornare a casa a dormire, allora non è la persona per me. Io la vedo così; forse sono troppo rigida, forse rimarrò zitella fino a cinquant’anni, non so… Però io, da donna, se il mio fidanzato mi dicesse “Guarda che mio figlio ha cambiato idea, torna a casa” io sarei contenta per lui. Se dicesse “Guarda che la mia ex moglie ha dovuto cambiare turni al lavoro, quindi questa domenica sto con i miei figli” sarei contenta, non mi incazzerei, perché ci sono degli altri modi per stare vicini, per essere presenti. C’è il telefono, ci sono le videochiamate, c’è la possibilità di incastrare negli impegni qualche altra cosa. Poi, piano piano, se siamo sicuri, se stiamo bene, se siamo felici, se siamo sereni e vogliamo mettere di mezzo i figli, possiamo farlo poco alla volta, e vediamo la loro reazione: perché non è detto che comunque l’accettino, e se i figli del mio partner non mi accettano, di sicuro non me la prenderei con lui dicendogli “Sei uno stronzo, perché tuo figlio non vuole che io venga in casa con voi a dormire, a mangiare la pizza”. No, è così, prima vengono i figli; poi, se due persone si amano e si vogliono bene, un modo per stare insieme si trova.