Erano anni che le cose non andavano bene

E’ cominciato tutto quella sera di ottobre 2015. 

Ero andata al mio corso di teatro, e quando sono uscita ho trovato venti chiamate perse di mio marito. Ho pensato subito che mio figlio potesse star male, allora ho chiamato e lui mi ha risposto: “sbrigati a tornare”. In macchina ho avuto un flash: il cellulare del lavoro! Lo avevo lasciato a casa in carica….ecco cosa era successo. Lui lo aveva trovato e aveva visto due messaggi, assolutamente innocenti ma chiaramente rivolti ad un altro uomo. E poi, nel registro chiamate, delle telefonate a un paio di numeri non registrati. 

Mi sono sentita morire, ho provato a balbettare qualcosa, scusandomi in modo assai poco convincente. Avevo incontrato per un caffè un uomo conosciuto su in sito di incontri, che vergogna!!! Era questo che non volevo confessare, d’altra parte non c’era stato nulla…era solo la mia necessità di trovare qualcosa di diverso, qualcuno che potesse ascoltarmi più di quanto facesse mio marito.

Sono state ore terribili, la notte nessuno ha dormito, anche nostro figlio ad un certo punto si è alzato piangendo…mi sentivo davvero a pezzi, avevo paura di una sua reazione violenta, provavo a tranquillizzarlo, senza riuscirci.

La mattina dopo avevo un importante appuntamento di lavoro, che sono riuscita ad evitare, grazie alla comprensione di un collega.

Sono tornata a casa e ho provato di nuovo a parlare con lui, e a quel punto ho ammesso la faccenda della chat del sito di incontri. Ci siamo detti che ormai il problema c’era ed andava affrontato. Ho consigliato di rivolgerci ad un terapista di coppia, come del resto facevo da anni, per cercare di risolvere questo problema. E sì, erano anni che le cose non andavano bene: io mi sentivo infelice, ora che nostro figlio stava crescendo sentivo che dovevo riprendermi la mia vita. Non mi sono più sentita amata, trovavo sempre qualcosa che non andava in lui. Ormai tra noi non c’era più nemmeno intimità, non volevo più fare l’amore con lui e, quando succedeva, non vedevo l’ora che finisse.

Finalmente lui acconsentì, e prendemmo appuntamento con il terapeuta di coppia, anzi, i terapeuti (erano infatti due). Il programma era di fare tre incontri insieme, e poi eventualmente decidere dei percorsi individuali. Ogni incontro durava due ore. Ero mossa dal desiderio di capire perché, ad un certo punto della mia vita, avevo sentito il bisogno di incontrare degli sconosciuti; e, quando dissi questa cosa, mio marito si arrabbiò molto con me, per non aver condiviso con lui questo momento.

La prima seduta si concluse  con me che mi sentivo più sollevata, mentre lui, al contrario, era sempre più arrabbiato. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Nelle due settimane successive lui era ossessionato: voleva sapere continuamente cosa facevo, era diventato incalzante, faceva tantissime domande, aveva attivato il controllo su tutto. 

Al colloquio successivo chiesi quindi che venissero stabilite delle regole, e finalmente in quell’occasione riuscii a dire quello che non avevo il coraggio di dirgli: non lo amavo più. Non c’era  una colpa in questo, ma non potevo e non volevo più vivere in quel modo,  senza amore. Uscimmo da quella seduta completamente distrutti: io ero certa di aver detto quello che per me era necessario, ma lui era davvero a pezzi. Ormai in casa il clima era terribile, non ci parlavamo e evitavamo di trovarci insieme nella stessa stanza.

Una sera, mio marito si mise davanti al frigorifero: mi voleva impedire di prepararmi la cena con le cose che aveva comprato lui. Allora mi preparai una minestrina, e andai a mangiarla in un’altra stanza. Mio figlio, che all’epoca aveva 12 anni, venne da me e mi abbracciò, dicendomi che voleva che questa situazione finisse in fretta… mi sentivo malissimo, sapevo che gli stavo dando un grande dispiacere, ero spesso combattutata tra la voglia di andare avanti con la separazione e la voglia di tornare indietro, di riprovarci ancora… ho tentato, davvero, di riaprire un dialogo, ma non c’è mai stato niente da fare. Mi sono trovata sempre di fronte ad una persona dura, un muro, assolutamente difficile da scalfire.

Lui non mi ha mai detto frasi del tipo “riproviamoci, non lasciarmi, non posso stare senza di te…” niente di tutto questo… e forse io avevo bisogno di sentirmi dire queste parole, avevo bisogno di sentirmi amata e voluta…

Quell’estate (era agosto 2016) acconsentii comunque ad andare per un’ultima volta in vacanza insieme. Sinceramente abbiamo anche passato dei giorni piacevoli: avevo invitato con noi mia nipote, che ha un anno in più di mio figlio, e devo dire che la sua presenza è stata utile. Eravamo in un campeggio, in tenda, e io chiaramente non dormivo con mio marito, anche se – è capitato – ho dovuto schivare i suoi maldestri tentativi… per me ormai non c’era più niente, se non un ragionevole affetto….

Al rientro da questa vacanza comunicai la mia intenzione di rivolgemi ad un avvocato, dicendo fin da subito che non avrei assolutamente voluto la guerra, e fino dalla prima lettera ho preteso un tono conciliante  per  riuscire a trovare un accordo che fosse il più possibile conveniente per tutti. Dal momento però che sembrava impossibile trovarlo, l’avvocato ad un certo punto depositò il  ricorso per la separazione  giudiziale. A questo punto  speravo che mio marito  andasse via di casa. 

Durante gli ultimi mesi di convivenza è stato un massacro. Lui in quel periodo non lavorava, e quindi aveva molto tempo per controllarmi. Scriveva su un taccuino i miei orari di uscita e di rientro da casa, come ero vestita, quanto tempo passavo in bagno. Non escludo neppure che qualche volta mi abbia seguito, perchè segnava anche i chilometri che facevo. Ha rovistato nelle mie cose fino all’inverosimile: tra i miei   documenti di lavoro, la mia agenda, segnava i miei appuntamenti,  addirittura ha messo le mani tra i miei documenti  sanitari, tra la mia biancheria… 

Diceva che sarebbe andato via ma non succedeva mai. Io ero davvero esasperata,  tanto che  alla fine sono andata via io, e questa è la stata la cosa per me più devastante.

Ho cercato di coinvolgere mio figlio nella ricerca della casa, sperando di trasmettergli un po’ di tranquillità. Non sono andata via di nascosto, ma evitavo che mi vedesse portare via le mie cose. Ho fatto il trasloco da sola: la casa che avevo trovato era di fronte a quella coniugale, e all’inizio di Gennaio 2017 me ne sono andata. Avevo paura di sentire molta angoscia per questo distacco, invece devo dire che ero sollevata. Anche mio figlio sembrava tranquillo, e io da subito ho cercato di ricreare una nuova routine famigliare. 

Sono stati mesi molto duri, fino al giorno dell’udienza (Maggio 2017). Lui continuava a fare ripicche e minacce di denunciarmi, ogni volta che gli sottoponevo una bozza di accordo non andava bene, ogni pretesto era buono per litigare e discutere. Anche durante l’udienza è riuscito a dare il meglio di sé; ma il giudice, letto l’accordo che a quel punto avevamo trovato, ha preteso che la separazione fosse consensuale, e in unica seduta ce la siamo cavata.

C’era anche il problema della casa coniugale: all’inizio io volevo tenerla e lui venderla, poi io volevo venderla e lui tenerla… Alla fine si è deciso di venderla, ma abbiamo impiegato un anno a trovare il compratore e a stabilire un prezzo equo. A Gennaio 2018 abbiamo venduto la casa e a  Marzo lui ha traslocato. 

Attualmente, direi che i nostri rapporti sono cordialmente freddi: se ne ha l’occasione, lui continua ad accusarmi di averlo rovinato e di aver distrutto la nostra famiglia.  Dal punto di vista dell’organizzazione, abbiamo l’affido al 50% di nostro figlio, che sta una settimana con me e una con lui. In realtà, anche quando dovrebbe stare da suo padre, mio figlio pranza e studia comunque da me, e devo dire che non mi dispiace affatto; anzi, sono contenta di passare più tempo con lui, perché, come dico sempre, io sono separata da mio marito, non da mio figlio.

Non abbiamo ancora divorziato: in effetti non c’è fretta, e poi ci sono degli aspetti pratici che riguardano il mio ex ancora poco chiari, ma sono certa che prima o poi si chiarirà tutto.

E io come sto? Ho ricominciato da un anno e mezzo un percorso psicologico; ho sempre la maledetta voglia di esplorare il mio mondo interiore, capire il perchè e il percome succedano le cose… Ho avuto una relazione devastante con un uomo sposato, ovviamente per alimentare la mia fame d’amore, ma nello stesso tempo per mantenere la mia libertà, e proprio pensando a quest’uomo mi chiedo come si possa vivere una vita falsa, senza amore, nella menzogna.

Io so di aver fatto una grande cosa, non soltanto per me ma anche per mio figlio. Non potevo farlo crescere in una famiglia finta, dove c’erano un sacco di discussioni e non c’era più amore o armonia. Per quanto sia tutto molto faticoso, a questo punto, non tornerei indietro per nessun motivo: ogni volta che incontro il mio ex marito mi dico di aver fatto la cosa giusta e l’unica possibile, non solo per me ma anche per nostro figlio e per lui.

Un ultimo dettaglio: lui ha una relazione con una donna dal giorno dopo che io sono uscita di casa, mio figlio la conosce e frequenta i suoi 3 figli…

Io credo ancora nell’amore e mi auguro di poter incontrare una persona che abbia voglia di ripartire e di innamorarsi ancora.